"Una metodologia d'insegnamento che si stacca dalla mentalità nipponica" di Roberto Semprini.
Pratico il karate da tanti anni, ho conosciuto molti maestri e ho frequentato i più disparati stage per quel qualcosa in più, forse, tutti noi, amanti di questa nobile arte, siamo alla ricerca.
Ebbene, tra tanti tencini bianchi e "gialli", ho riscontrato, e non sono il solo, nel maestro Ludovico Ciccarelli qualcosa di "diverso". Innanzi tutto una grande umiltà unita a forte carisma. Forse quelli che si sono allenati con lui e che stanno leggendo questo articolo riescono a capire esattamente a cosa mi riferisco: una grande personalità sul tatami e una profonda conoscienza dell'arte attraverso le varie incognite stilistiche e le diramazioni per giungere sempre ad un'unica verità: il karate-do come esperienza globale e a 360°, senza eccezioni di sorta.
Nessuna preclusione per argomentazioni da trattare, dai kata shotokan fino allo shito e all'antico Okinawa-te, passando per i bunkai e all'applicazione delle tecniche attraverso il goshindo fino ad arrivare al kumite in cui, si dice, eccelle.
Già.... il kumite. Ma quanti sono i tecnici, attenzione dico tecnici, che sanno realmente e praticamente dimostrare e applicare una tecnica di kumite, disquisendo sulla differenziazione dei metodi tradizionali e sportivi, facendo percepire quella tecnica come una bomba a mano? Ho sempre invece visto dei grandi specialisti di kata e kumite e raramente ho incontrato dei docenti da cui poter intravedere un espressione più ampia della vastità del karate-do.
Questa mia impressione è stata condivisa da molti altri tecnici che riconoscono nel maestro Ciccarelli delle doti particolari, forse non consuete, non allineate. Alcuni ritengono che sia un pò troppo duro e che il suo metodo non sia conforme alle attuali metodiche di insegnamento ma, avendo la fortuna di seguirlo da qualche anno, ho riscontrato anche in questo una sua lenta ma progressiva evoluzione didattica tendente a distaccarsi dalla metodica giapponese fino ad abbracciare più ampie e consolidate scelte.
Certo, staccarsi da quella mentalità... Ricordate la fine dei terribili anni Sessanta e tutti i Settanta, quando ancora non si parlava di multimediali e quando uscire dal tatami con il karategi insanguinato era considerato "normale". Sicuramente è stato difficile e, forse, vissuto come un trauma da varie generazioni di karateka fino ad arrivare ai fatidici anni Duemila. Quel che si chiama un obbligato passaggio generazionale che se da un lato ha contribuito ad una notevole crescita e consapevolezza interiore, dall'altro ha consolidato il proprio modo di porsi attraverso una visione tradizionale del karate rivisitata in maniera moderna.
Interessante il connubio tra sportivo e tradizionale e risalire dalla pratica dei fondamentali all'applicazione sportiva dimostrando che, in fondo, le due facce del karate sono molto simili e si integrano a vicenda.
E' forse in questo che il maestro Ciccarelli pone la sua attenzione: cercare di trasmettere un karate al di sopra di una disputa "tradizionale o sportivo" e delle collocazioni stilistiche, fermo restando la conoscenza di esse. Un karate sicuramente più "do", anche attraverso la pratica sportiva, per il raggiungimento oltre che dell'ippon anche e soprattutto del perfezionamento di noi stessi.
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